di JoAnna Novak
Questo pezzo è apparso originariamente su Bennington Review numero 7, autunno/inverno 2019
La padrona di casa lo chiamò parcheggiando il minivan. Di solito ne saltavano fuori cinque bambini, ma stavolta fu solo la donna a issarsi faticosamente dal sedile anteriore.
Doveva pesare il doppio dell’uomo. Lui era snello, lei no. Lui digiunava fino a cena; nell’auto di lei erano disseminati residui di fast food. Buste di In-N-Out, bicchieri di Hardee’s. Una volta l’uomo ci aveva visto una confezione intera di nachos Taco Bell, al manzo.
Senza fiato, la padrona di casa lo salutò deliberatamente. Era il primo del mese; lui era un buon inquilino, di quelli che ti stanno a sentire.
Da interessato, il sorriso di lei si fece audace. Poi chiese: «Ti piace la capra?».
L’uomo mosse gli ingredienti. Stava preparando le enchilada. Sul fuoco, in una pentola l’olio prendeva colore insieme a cumino, origano e pepe di Caienna. Ora toccava ai prossimi passaggi. Sondra era di ritorno a casa.
«Non so» rispose.
«Be’, questa capra qui ti piacerà. La amerai» disse la padrona di casa. L’ombretto viola la faceva sembrare giovane. «È la miglior capra di tutta Los Angeles. Ne volete un po’?»
L’uomo disse: «Certo», anche se Sondra diceva di non mangiare carne. Le enchilada erano vegetariane, funghi shiitake e patata dolce, proprio perché lei diceva di non mangiare carne. In frigo, comunque, di carne ce n’era, e spesso: il tacchino di lui, il pollo di lui. A volte si chiedeva se ogni tanto lei non la mangiasse. La capra non avrebbe fatto differenza, anche se si sentiva un po’ disperato ad accettare carne così da un minivan.
«Anche questo». La padrona di casa gli passò una busta di plastica, annodata in cima, con dentro un contenitore. L’interno della busta era umido. «Succo di capra».
Gli consigliò di provarlo insieme a riso e fagioli. «Fammi sapere che ne pensa Sondra» disse la padrona di casa.
L’uomo fece spazio in frigo, vicino al latte di anacardi e alla mostarda di arancia. Mentre ascoltava Sketches of Spain, il suo amore per Sondra si riaccese. Diceva di non mangiare carne, d’accordo. Diceva di non dormire bene, d’accordo. Diceva di non volere figli, lo aveva detto l’altro giorno alle sei di mattina, alle sei di sera, a mezzanotte – cercò di non pensarci.
Distribuì la salsa per le enchilada sul fondo di una casseruola. Fuori dalla finestra i cinque gemelli si misero a strillare, e poi la padrona di casa fece con tono grave, da genitore: «NO. Salite in macchina».
Appena le enchilada furono pronte, sentì dei tacchi sull’asfalto. Lodò il proprio tempismo. Dalla finestra sopra ai fornelli guardò apparire la chioma di Sondra, intenta a salire le scale, la prima rampa.
«Che profumo magnifico» disse lei.
Rimase con gli abiti da lavoro, cosa che lui preferiva. Nessun accenno alla musica. Le mise davanti il piatto e lei si complimentò. Aveva disposto le enchilada al centro, cosparse di quel formaggio salato che le piaceva e un tocco di coriandolo. Aveva fatto appassire i datterini in forno.
Le chiese come era andata la giornata. Ricevuta risposta, si mise a parlare di questioni su cui si sarebbe potuto chiamare in causa il presidente. Vivevano in una nazione, erano cittadini di un mondo che andava ben oltre loro due, e lui compiva il proprio dovere civico elaborando le notizie.
Rimase sorpreso quando lei usò la parola «collusione».
Lui posò forchetta e coltello incrociandoli. Lei, paralleli. Disse che non ne voleva più.
«Un’altra tortilla di mais non ti ucciderà» fece lui, servendosi un’altra porzione.
Lei prese solo il contorno.
«Hai visto l’agnello in frigo?» chiese lui.
Lei si leccò via qualcosa dal labbro inferiore. «Non sono passata dal frigo» disse.
Lui si sedette. «C’è una confezione con dell’agnello. E un contenitore». Le raccontò della padrona di casa, di come quello fosse il migliore agnello in tutta Los Angeles. Poi se la prese perché Sondra lo aveva guardato come a dire oookay, quando un marito dovrebbe avere la libertà di motivare alla moglie la presenza di carne particolare in frigo.
Forse per via della rabbia, passò molto tempo a meditare in cortile. E mentre meditava in cortile aprì il barbecue del condominio che gli aveva mostrato la padrona di casa, ed eccola lì, una mignonette di Smirnoff che temeva sempre gli venisse fregata da un vicino. Scavare nelle profondità dei propri pensieri gli fece bruciare la bocca, più del pepe di Caienna nella salsa. Buttò la bottiglia nel bidone del vetro e tornò all’appartamento, dove Sondra si era messa a lavorare. Si addormentò sul divano, da seduto.
Un matrimonio, è risaputo, si compone di molte mattine, e l’uomo trovò la seguente tranquilla. Era più soleggiata rispetto al giorno prima, e vide addirittura un colibrì fuori dalla finestra della camera. Meditò ancora in cortile, e questa volta la meditazione portò chiarezza. Si vide insegnare a un bambino come avvolgere i funghi nelle tortilla, Sondra che gli mostrava come usare il pelapatate.
Tornò nell’appartamento, sicuro che quello fosse il giorno più bello della sua vita. In cucina Sondra versava l’acqua nella Chemex.
«Macchiato capra?» disse lui. «Che mogliettina».
«Capra?»
«Non lo volevi macchiato capra?»
Lei poggiò l’acqua, in attesa che i fondi si depositassero. «Avevi detto agnello».
«Ho detto che era capra» rispose lui.
Lei scosse il capo, sorridendo nel modo in cui sorrideva quando stava per arrabbiarsi. Il loro consulente matrimoniale aveva usato la parola «sbottare».
«Agnello».
«Lei ha detto capra, io ho detto capra. So che è capra» fece lui. «Non so cos’hai sentito tu».
«Hai detto agnello» replicò lei.
«Ma non è vero».
«Ti sbagli» disse lei. «Ma non importa».
I fondi si erano depositati. Versò il caffè per entrambi. Quando per lei fu ora di uscire per andare al lavoro, lui le offrì gli avanzi.
«Pensi che facendomi mangiare abbastanza enchilada mi convincerai a restare incinta» disse lei. Sui tacchi, saettò giù per le scale, verso l’auto.
Lui aprì il frigo, fissò la carne, e non riuscì davvero a ricordare se fosse agnello o capra.
Spesso meditando aveva delle visioni. Di recente si era proiettato nell’atto di tagliare la lingua a Sondra. Nella visione la violenza non aveva ripercussioni, non c’era senso di colpa né la sua progenie più saggia, il rimorso. Semplicemente scelta, decisione, azione, una rossa e solipsistica fetta di carne a terra. Nessun rimpianto. Solo, in mano a lui, il loro coltello seghettato.
*
Titolo originale, Lamb, Goat, Tongue, copyright @ JoAnna Novak, all rights reserved.
Traduzione di Greta Leoni.