Questo pezzo è apparso originariamente su Brick numero 102, inverno 2019

dedicato a Sei Shōnagon

La cantilena spegni la luce, non sbattere la porta, rifai il letto, metti a posto le scarpe. Ogni ordine è la banda ruvida della scatola di fiammiferi che accende un fuoco, fiamme più piccole dell’unghia di un mignolo, ma grandi abbastanza da bruciare una casa intera. La piromane in te attende, e attende, finché restano soli in casa, i gatti fuori, la cocorita nella tasca del tuo cappotto.

Il Mercoledì delle ceneri al pranzo della parrocchia niente ceneri sul tavolo, solo una sfilza di gelatine e brodaglia bianca, senza neanche una spolverata di pepe.

Al campetto da baseball i due capitani scelgono le loro squadre. Tu e Poliomelissa con l’apparecchio ai denti, lo sguardo perso lontano. Se tu prendi quella, dice uno dei capitani, io mi prendo l’altra. Vorresti che fosse un racconto di Stephen King, ma senza mettere in mezzo la madre.

Non abbastanza soldi per comprare un regalo di Natale al tuo primo fidanzato. Tuo fratello più grande dice, Tanto sei comunque troppo piccola per avere il ragazzo. Tua madre, Fagli un bigliettino o una cosa del genere. Disegnare cavalli ti riesce bene. Ti ha già toccato le tette nei sedili dietro della macchina del padre. Ti regala una collana di strass fregata da Woolworth’s, troppo grossa e vistosa. Non la indosserai mai. Per lui hai rubato lo Zippo di tuo fratello. Due settimane dopo ti lascia senza ridartelo. Ti brucia dove lui ti ha scottata con la sigaretta. Fa più male di quanto tu ne abbia mai provato finora, ma lo rifaresti ancora, e ancora. Lo sai.

Lo scantinato della tua casa schifosa, con il cesso a vista di fianco al secchio delle patate. Le scale in legno, strette e ripide. Quando tua madre lava i panni e sul pavimento si scivola tra la schiumetta viscida del sapone. L’umidità che gonfia i muri come pelliccia malata di un animale morente.

I vestiti usati che non ti stanno, della donna per cui tua madre fa le pulizie una volta a settimana. I pattini di seconda mano così consumati da non reggere più le caviglie, che ti si piegano in dentro. Sbattere contro le transenne perché non sai pattinare all’indietro.

Lo sbiascicare di tuo padre mentre dice, Sei la mia bambina, e tu nemmeno vuoi esserlo più. La faccia del preside quando gli spieghi perché sei in ritardo. La sveglia, hai detto, quando in realtà avevi aspettato che venisse a prenderti il ragazzo sospeso per rissa, ti ha trattenuta finché non ha suonato la campanella. Il preside ti ha beccata a mentire e per questo lo odi. Così come odi il poliziotto che a volte riporta a casa tuo padre completamente ubriaco.

I ragazzi che ti spingono la faccia nella neve. I ragazzi che ti offrono cocktail da due soldi. Quando eri piccola e il figlio di un vicino ti ha intrappolata sull’altalena. Non appena seduta, lui si è messo a cavalcioni sul sedile e a gambe aperte ti ha spinto il pacco in faccia. Non capivi perché lo facesse. Puzzava come le patate vecchie in fondo al secchio.

La congiuntivite. Il mal d’orecchie che ti fa scoppiare i timpani. Gli animali che si ammalano. Il bibliotecario che ti lascia in prestito solo due libri per volta, uno dei quali è La Divina Commedia. Che ti fa sentire irrilevante e parte di un mondo guasto. Che ti fa voler peccare in modi altrettanto elaborati, altrettanto maligni. Che ti fa voler bruciare avvolta da quelle fiamme purificatrici, insaziabili.

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Titolo originale, Hateful Things, copyright @ Lorna Crozier, all rights reserved.
Traduzione di Giorgio Moretti