IN CUI SI PARLA DI: un granello di polvere, una serie infinita di minuscoli animali, condizioni favorevoli, Sanders Brine Shrimp Company, Il Calabrone Verde, un lontano omonimo, un’arma camuffata, divertimento e fantasia, Peter Nero.

Questo pezzo è apparso originariamente in esclusiva sul sito web di The Believer, nel gennaio 2015

Immaginatevi da bambini. Immaginatevi a letto sotto le lenzuola, di notte, svegli. Immaginate di essere consapevoli della vostra piccolezza nel mondo – siete un granello di polvere che fissa il soffitto di una casa, e sopra di voi ci sono le stelle, poi le galassie, e le galassie oltre la galassia.

Immaginatevi di avere il cervello pieno di infinito, non gravato dal peso di alcun confine. Immaginate il terrore che provereste nel contemplarne l’ampiezza.

Immaginate il Midwest. Una distesa di pianure e alberi, tempeste di neve e ghiaccio. Un’onda continua di colline che arriva fino all’oceano, dopo miglia e miglia di campi di mais coltivati sulla sommità di quello che un tempo era il mare. Chiudete gli occhi, e immaginatevi di essere nati in quelle pianure, e di farvi cullare dalle onde di quell’oceano di mais.

Immaginatevi l’infinito racchiuso nella plastica rossastra di un contenitore avvolto nella carta, un regalo che tenete con riverenza sul palmo delle mani. Immaginate di scartarlo, di svuotarne il contenuto nell’acquario che tenete sul comodino e di aspettare, con pazienza. Immaginate, tre giorni dopo, mentre giacete ben svegli in piena notte, l’esatto momento in cui vi girate verso l’acquario, stringete le palpebre e all’improvviso la vedete: la vita, fiorita dal nulla in quell’acqua di plastica. E lì, nelle pianure del Midwest, finalmente trovate qualcosa che riesce a contenere le stelle e l’oceano.

Nel 1833 il pioniere Joseph Walker mappò per la prima volta il Gran Lago Salato dell’Utah. La sua spedizione, 110 uomini guidati dal capitano Benjamin-Louis-Eulalie de Bonneville, ufficiale dell’esercito statunitense, aveva il compito di mappare i territori centrali della Pista dell’Oregon. A Walker fu ordinato di staccarsi dal gruppo ed esplorare il lago, alla ricerca di un potenziale passaggio per raggiungere la California. Fu lui a mappare il terreno, tuttavia le pianure salate presero il nome della sua guida, così come l’antico lago da cui si formò l’odierno Lago Salato: il Bonneville.

L’odierno Gran Lago Salato è ciò che resta di un mare preistorico che un tempo copriva gran parte dell’Utah occidentale e ampie zone di Idaho e Nevada. Il vecchio lago Bonneville, dal canto suo, era uno specchio d’acqua dolce che si estendeva all’incirca per ventimila miglia e, attraverso i suoi tributari, sfociava nel Pacifico. Tuttavia, in seguito a un calo delle precipitazioni nel corso dei secoli, l’acqua che arrivava all’oceano attraverso quei fiumi si ridusse sempre più, fino a finire del tutto. Il lago Bonneville si prosciugò e si ridusse a dismisura, diventando quello che oggi è il Gran Lago Salato.

La grandezza di questo specchio d’acqua oscilla annualmente tra le circa millesettecento e le tremila miglia quadrate, a seconda delle precipitazioni. L’acqua è bassa, la salinità è alta e, come ha scritto Gladys Relyea nel 1937 su un articolo pubblicato da American Naturalist, «il contenuto di ossigeno è ridotto al minimo; l’anidride carbonica è circa il doppio di quanta se ne trova in mare, la materia organica è limitata e la quantità di azoto è la metà di quella dell’acqua di mare». È un habitat dove gran parte delle forme di vita non può proliferare.

Eppure, mentre Joseph Walker mappava i contorni del lago e i resti dello specchio d’acqua suo predecessore, si imbatté in una «serie infinita di minuscoli animali che nuotavano vicino alla riva».

La scimmia di mare, conosciuta col nome scientifico di Artemia, è una delle poche forme di vita in grado di sopravvivere nell’ambiente inospitale del Gran Lago Salato. Condivide l’habitat con le alghe e un genere di mosche, e attira in Utah una quantità stupefacente di uccelli migratori, che ne sono ghiotti.

Le scimmie di mare sono piccole (vanno dai 7 millimetri al centimetro e 20), traslucide e sembrano piume galleggianti. E sono anche antiche: i ricercatori della Utah State University hanno scoperto, basandosi su campioni geologici, che le «scimmie di mare sono presenti nell’area del Gran Lago Salato da almeno 600.000 anni». Alcuni credono che siano addirittura i discendenti di un tipo di gambero che viveva un tempo nel lago Bonneville. Secondo il Southern Regional Aquaculture Center fondato dal Congresso, «gli scienziati ritengono che le scimmie di mare fossero in origine una specie di acqua dolce adattatasi a vivere in acqua salata».

Altri esperti ritengono che queste creature siano giunte nel Gran Lago Salato sotto forma di embrioni, in gusci molto duri che si attaccano alle zampe degli uccelli migratori. Il che è possibile, perché le scimmie di mare possono nascere anche sotto forma di cisti, a seconda delle condizioni ambientali (dipende tutto dalle variazioni nelle precipitazioni, dalla temperatura dell’acqua e dalla disponibilità delle alghe di cui si nutrono). A condizioni favorevoli, di solito in primavera quando l’acqua è calda e il fitoplancton è abbondante, le femmine di scimmia di mare danno alla luce una nidiata composta in parti uguali da embrioni in via di sviluppo e piccoli gamberetti vivi chiamati nauplii. I nauplii hanno il corpo dalle forme casuali, antenne corte e un solo occhio. Galleggiano nell’acqua salata del lago nutrendosi di alghe e fitoplancton, finendo per diventare scimmie di mare perfettamente sviluppate. Ma se l’acqua è fredda, o se c’è poca luce solare a disposizione, le femmine depongono cisti che racchiudono un embrione dormiente protetto da un guscio duro.

Queste cisti esistono in criptobiosi, ossia uno stato di vita «sospeso» in cui pare che possano, secondo il Southern Regional Aquaculture Center, sopportare «la siccità completa, temperature superiori ai cento gradi o vicine allo zero assoluto, l’esposizione ad abbondanti radiazioni o a un’ampia varietà di solventi organici». L’embrione di scimmia di mare può restare per anni in questo stadio dormiente, fino a quando l’acqua calda e l’ossigeno lo attirano fuori dalla sua ciste, facendolo letteralmente approdare in un nuovo mondo.

Probabilmente furono proprio quelle cisti le creature in cui si imbatté Joseph Walker nel 1833, sulle sponde del Gran Lago Salato. Nell’autunno dello Utah, quando le scimmie di mare adulte muoiono in massa, compaiono spesso grandi quantità di cisti nell’acqua vicino alle sponde. I pescatori di questo tipo di gambero dicono che i gruppi di cisti somigliano a chiazze di petrolio che sporcano la superficie del lago, perciò dovettero sembrare quasi soprannaturali agli occhi inesperti di Walker. Un secolo più tardi, nel 1950, le scimmie di mare diventarono molto richieste e nacque la pratica dell’allevamento intensivo. La prima raccolta nel Gran Lago Salato ebbe luogo nel 1950 grazie al lavoro della Sanders Brine Shrimp Company, la più antica ditta di pesca alla scimmia di mare di tutto il Paese. Inizialmente pescava sia gamberi vivi e nauplii, ma nel 1952 passò a raccogliere soltanto le cisti, quando si rese conto che le scimmie di mare dormienti potevano essere vendute ai vivai di tutto il mondo e trasformate facilmente in esche.

Effettivamente le cisti possono restare dormienti anche per venticinque anni – più di un’infanzia intera. Sono creature che un bambino può allevare da solo: gli basta buttarle in un piccolo acquario pieno d’acqua alla giusta temperatura, e può avere la sensazione di riportarle in vita dal nulla, così, con un tocco magico delle mani…

Harold von Braunhut nacque a Memphis, Tennessee, nel 1926, a quasi seicento miglia dal Gran Lago Salato. Nacque col nome di Harold Nathan Braunhut in una famiglia di giocattolai, Jeannette Cohen ed Edward Braunhut. In seguito aggiunse il von al nome «per farlo sembrare più tedesco».

Crebbe a New York e studiò economia alla Columbia University e al City College, approdando infine nell’industria dell’intrattenimento. Corse in moto col nome d’arte di «Il Calabrone Verde» prima di cominciare a fare il manager per altri talenti, come Amazing Dunninger – famigerato mentalista e uno dei primi maghi a comparire in televisione – e Henri LaMothe, che ogni anno si buttava dal Flatiron di Manhattan, a dodici metri d’altezza, in una tinozza di trenta centimetri di diametro – impresa che gli valse il Guinness World Record per il «Più alto tuffo in acque basse del mondo».

Ma la carriera di manager di von Braunhut fu breve. Come la sua famiglia prima di lui, negli anni Cinquanta si buttò nell’industria dei giocattoli, creando strambi passatempi per bambini pubblicizzati tra le pagine dei fumetti. Garantiva che con il suo «X-Ray Specs» si riusciva a «vedere attraverso le dita, attraverso la pelle, attraverso il guscio di un uovo!». Von Braunhut fu anche il responsabile del bizzarro boom dei paguri come animali domestici: c’era lui, infatti, dietro Crazy Crabs, il primo servizio di vendita di paguri vivi per corrispondenza. Ideò anche gli «Amazing Hair-Rising Monsters», che sulla testa avevano dei piccoli cristalli di minerale, l’«Invisible Goldfish», un kit comprensivo di boccia per pesci, mangime e un pesce… inesistente. La sua invenzione più famosa, tuttavia, quella che brevettò nel 1957dopo essere passato di fronte a un negozio di animali di New York, fu «Instant Life», un kit con cui i bambini potevano creare spontaneamente la vita in casa propria. Già nel 1960 le scimmie di mare dormienti si erano trasformate in creature magiche e venivano vendute per corrispondenza dalla nuova azienda di von Braunhut, la Transcience Corporation.

Il kit «Instant Life» comprendeva un piccolo acquario rosso, una lente d’ingrandimento di plastica e tre confezioni di polverina contenenti le cisti di scimmie di mare, presentate come il re e la regina di un regno sottomarino e raffigurate sull’etichetta come creature rosa con la corona in testa. Il kit prometteva ai bambini che quelle creature avrebbero fatto di tutto, una volta tornate in vita: avrebbero giocato, organizzato ricevimenti, nuotato zampa nella zampa. Von Braunhut affermava che erano in grado di risorgere. Garantiva che si potevano ipnotizzare e addestrare solo facendo lampeggiare una torcia elettrica.

Anche se il kit vendette, non andò bene come von Braunhut si aspettava, e nel 1964 l’inventore cambiò il nome del prodotto in «Scimmie di Mare». Fu proprio quel nuovo nome a portare al successo il giocattolo: nel 1977 erano stati ormai venduti più di un milione di acquari, e le cisti che avevano trovato una casa nelle acque del Gran Lago Salato venivano trapiantate nelle case dei bambini americani – perfino di quelli che vivevano nelle impossibili distese del Midwest. Una stregoneria vera e propria, fatta di paesaggi marini e galassie, di un’infinità che si estendeva ben oltre il fluttuare dei campi di mais.

Per un bambino del Midwest un lago salato da tenere accanto al letto era soltanto parte di un sogno più grande. Un sogno che, stando a Von Braunhut, sarebbe durato ben due anni, sebbene l’aspettativa media di vita di una scimmia di mare del Gran Lago Salato sia inferiore all’anno. Nel 1968, infatti, von Braunhut raddoppiò l’aspettativa di vita delle creature da acquario più amate d’America grazie ad Artemia NYOS, un ibrido di scimmia di mare di sua ideazione geneticamente modificato per vivere due anni. L’esatta composizione genetica di quegli animali è ancora ammantata di mistero.

Artemia NYOS era il nome di un centro di ricerca di Montauk, il New York Ocean Science Laboratory (NYOS, appunto). Fu lì che nacque l’ibrido. Tuttavia nel 1979 il laboratorio non ricevette più finanziamenti e chiuse i battenti. Soltanto von Braunhut e la moglie Yolanda rimasero a conoscenza dei dettagli esatti di quel progetto, un progetto con cui l’uomo, secondo Tamar Brott del Los Angeles Times, «si baloccava in continuazione». Forse era soltanto destino che, molto tempo dopo aver portato la magia delle Scimmie nelle camere da letto di bambini che non avevano mai visto il mare, von Braunhut venisse smascherato pubblicamente per il maneggione che era.

Nel 1979, lo stesso anno in cui il NYOS chiuse per sempre i battenti, von Braunhut fu infatti arrestato all’aeroporto John F. Kennedy di New York con perché aveva con sé «un’arma camuffata». Lo strumento si rivelò essere una sua invenzione, un’«arma delle dimensioni di una penna, chiamata Kiyoga Agent M5, che si allunga diventando una frusta di metallo con uno scatto del polso». Al di là dell’onta subita al momento dell’arresto, i guai di von Braunhut non erano ancora finiti, perché nel 1988 il Washington Post fece una rivelazione più sinistra: i proventi ricavati dalla vendita dell’arma venivano devoluti a Richard Butler, fondatore e capo dell’organizzazione neonazista Aryan Nations. Ben presto vennero a galla i legami di von Braunhut con il Ku Klux Klan e l’Aryan Nations, e comparvero foto dell’inventore in posa con bandiere naziste e croci in fiamme.

Quando il credo politico di von Braunhut divenne di dominio pubblico, molti distributori di giocattoli ritirarono dal mercato le Scimmie di Mare. L’unica compagnia che preferì non farlo fu la Educational Insights, un’azienda produttrice di giocattoli educativi che rilevò – e ancora possiede – la licenza per produrre l’Artemia NYOS. Secondo Alan Fine, ex portavoce della società, «[la nostra scelta] non ha assolutamente nulla a che vedere con Harold come persona. Ha più a che fare con le Scimmie di Mare e quello che rappresentano in termini di divertimento e fantasia per i bambini e gli adulti di ogni età».

«Divertimento e fantasia»: un regno magico e illusorio, un piccolo acquario inventato, un mondo infinito pieno di creature strappate al loro luogo di nascita.

In camera da letto, con la luce della lampada che si espande tenue da sopra il comodino, vi rendete conto di non saperne niente di genetica, di biologia. Sapete solo che il vostro acquario pullula di vita, che le Scimmie di Mare sono lì che nuotano, che siete responsabili per la prima volta della vita di un’altra creatura. Quando ogni sera guardate nell’acquario rosso, sapete di osservare il mistero della vita. Osservate un mondo pieno di possibilità, e la possibilità di un mondo senza fine. Se la vita può manifestarsi spontaneamente in quel modo, pensate, allora può farlo più volte, senza sosta. Osservate i segreti di un mondo che nasconde le proprie origini e la propria fine, e osservate il futuro. Un futuro che vi si para davanti quando le Scimmie di Mare iniziano a morire, a tornare lentamente all’universo da cui sono venute.

Le scimmie di mare conoscono la curva del pianeta, la osservano dall’esterno, dallo spazio. Infatti, all’interno di acquari fissati ai razzi, il numero di Artemia finiti nello spazio aperto è superiore a quello di tutti gli astronauti del mondo messi insieme. Gli Artemia sono stati lanciati oltre l’atmosfera per testare gli effetti della gravità sulla loro crescita, e per capire se i raggi cosmici ne accelerano lo sviluppo. I biologi delle università di tutti gli Stati Uniti hanno anche spedito le scimmie di mare in orbita intorno alla Terra, mettendo a confronto le cisti schiusesi sul pianeta con quelle nate nello spazio. Quando l’astronauta John Glenn ha effettuato il suo ultimo lancio, nel 1998, a bordo del Discovery, è stato accompagnato da quattrocento milioni di scimmie di mare, necessarie a misurare gli effetti del viaggio nello spazio sull’invecchiamento. Mentre loro fluttuavano nell’universo, nelle terre rurali del Maryland Harold von Braunhut lavorava ai suoi ultimi giocattoli: l’aragosta domestica e la rana istantanea.

Come capitava di consueto in molte missioni spaziali, anche John Glenn sceglieva ogni mattina una nuova sveglia. Il nono giorno di spedizione, alla vigilia del previsto atterraggio del Discovery, Glenn scelse «Voyage into Space» di Peter Nero. Alle 4:20 del mattino gli astronauti, insieme a quattrocento milioni di scimmie di mare, si svegliarono sulle note di quel brano orchestrale pop, a migliaia di miglia da un pianeta composto in gran parte da acqua salata azzurra i cui contorni, da quella distanza, dovevano somigliare moltissimo a quelli di un lago.

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Anne Valente ha scritto la raccolta di racconti By Light We Knew Our Names. I suoi scritti sono apparsi, o compariranno, su One Story, Ninth Letter e Normal School. Scrive articoli di saggistica per il Washington Post.

Titolo originale: Sea, Stars, Salt Lake @ Anne Valente, 2015, all rights reserved